La sostenibilità sta assumendo un ruolo sempre più centrale nelle strategie aziendali, non solo come impegno etico, ma come leva concreta di valore e competitività.
I dati di studi recenti, tra cui PwC e McKinsey, mostrano come le aziende che comunicano in modo chiaro e autentico le proprie azioni sostenibili ottengano risultati tangibili: clienti più fedeli, brand più solidi e talenti più attratti. In questo contesto, la reputazione green non è un concetto astratto, ma un asset intangibile reale, capace di incidere direttamente sul successo e sulla resilienza del marchio.
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Cos’è un asset intangibile e come si valuta
Gli asset intangibili sono risorse non fisiche che contribuiscono in modo significativo al valore di un’impresa, come la proprietà intellettuale, i marchi e, naturalmente, la reputazione aziendale.
A differenza degli asset materiali, il loro impatto economico non è immediatamente visibile, ma può essere misurato attraverso tre approcci principali:
- Metodo dei costi: valuta quanto sarebbe necessario investire oggi per ricreare l’asset, includendo spese di sviluppo, formazione e comunicazione per costruire una reputazione sostenibile.
- Metodo del mercato: si basa su confronti con aziende simili che hanno venduto o acquisito asset analoghi, stimando il valore di mercato di un marchio green.
- Metodo reddituale: calcola il valore attuale dei flussi di cassa futuri generati dall’asset, ad esempio grazie alla fedeltà dei clienti, alla possibilità di applicare un premium price sui prodotti sostenibili e al vantaggio competitivo nell’attrarre talenti qualificati.
Questi approcci consentono di tradurre in numeri ciò che a prima vista appare puramente intangibile, rendendo misurabile il valore di una strategia di sostenibilità.
Il caso della moda e del lusso: il ruolo di Consorzio Physis
Un ambito in cui la centralità degli asset intangibili è particolarmente evidente è quello della moda e del lusso. Qui il valore del marchio non dipende solo dalla qualità del prodotto, ma dall’universo di significati e valori che esso riesce a trasmettere. In questo contesto, la sostenibilità diventa parte integrante dell’identità del brand e un fattore competitivo di primaria importanza.
Il Consorzio Physis svolge un ruolo di coordinamento in questa direzione, sostenendo le imprese della Filiera nella costruzione di un patrimonio reputazionale condiviso e nel rafforzamento della credibilità internazionale del Made in Italy.
Attraverso la partecipazione ai tavoli tecnici nazionali e internazionali (UNI, ISO, EFRAG) Physis contribuisce a definire standard globali di sostenibilità: un asset intangibile che rafforza l’autorevolezza delle imprese e ne facilita l’accesso ai mercati.
Le collaborazioni con partner strategici – come ZDHC per la gestione sostenibile delle sostanze chimiche – e i progetti di innovazione, tra cui la CFMI Academy e le sperimentazioni sul Digital Product Passport, generano altri asset immateriali fondamentali: conoscenza condivisa, tracciabilità di Filiera, riduzione dei rischi reputazionali.
Infine, l’azione di aggregazione di oltre trenta imprese in distretti chiave crea un effetto reputazionale collettivo che rafforza la competitività del settore a livello internazionale.
La sostenibilità come leva competitiva: evidenze dal PwC 2024 Voice of the Consumer Survey
L’esperienza del settore della moda e del lusso conferma come la sostenibilità possa trasformarsi in un asset immateriale con impatti diretti sul valore e sul posizionamento delle imprese. Ma questo fenomeno non riguarda soltanto i marchi di alta gamma: i dati globali lo dimostrano chiaramente. Il PwC 2024 Voice of the Consumer Survey, condotto su un ampio campione di consumatori a livello globale, mostra come stiano cambiando le abitudini di acquisto e le priorità dei cittadini.
Nonostante l’impatto dell’inflazione e l’aumento dei prezzi dei beni essenziali, la sostenibilità rimane un criterio decisivo: i consumatori dichiarano infatti di essere disposti a pagare in media quasi il 10% in più per prodotti realizzati o distribuiti in maniera sostenibile.
La motivazione non deriva soltanto da una maggiore sensibilità ambientale, ma anche dal fatto che quasi nove persone su dieci percepiscono già oggi gli effetti del cambiamento climatico nella loro vita quotidiana. La sostenibilità non è dunque un concetto astratto, ma una necessità concreta che guida le scelte di consumo.
L’indagine evidenzia inoltre che i consumatori osservano con crescente attenzione le azioni intraprese dalle aziende: metodi di produzione e riciclo, utilizzo di imballaggi ecologici, iniziative per la tutela delle risorse naturali come acqua ed energia.
Anche in un contesto di pressioni economiche, oltre quattro quinti del campione continua a dare priorità a questi aspetti, confermando che l’impegno green non è un “nice to have”, ma un fattore che incide direttamente sulla reputazione e sulla solidità di un marchio.
La conferma dei comportamenti d’acquisto: lo studio McKinsey
Un’ulteriore conferma arriva dallo studio congiunto McKinsey–NielsenIQ, che ha analizzato cinque anni di vendite negli Stati Uniti, coprendo oltre 600.000 referenze di prodotto di circa 44.000 brand in 32 categorie.
I risultati mostrano che i prodotti legati a marchi che puntano sulla sostenibilità e comunicano chiaramente il loro impegno hanno registrato una crescita cumulativa del 28%, contro il 20% dei prodotti che non hanno valorizzato questi aspetti.
In due terzi delle categorie analizzate, i prodotti con posizionamento sostenibile hanno superato i concorrenti, contribuendo per oltre la metà alla crescita complessiva del mercato. Inoltre, i prodotti che combinano più dimensioni di sostenibilità (come packaging riciclabile, rispetto dell’ambiente, ingredienti naturali) hanno registrato una crescita doppia rispetto a quelli che comunicano un solo aspetto.
Anche sul fronte della fedeltà, i brand che ottengono gran parte delle vendite da prodotti sostenibili mostrano tassi di riacquisto più elevati.
McKinsey sottolinea che si tratta di una correlazione, non di una prova causale: la crescita può essere influenzata anche da distribuzione, promozioni o investimenti di marketing, e lo studio non entra nel merito della solidità di ogni singolo claim. Ciononostante, il messaggio è chiaro: un impegno coerente e credibile verso la sostenibilità si associa a migliori performance commerciali e a una relazione più solida con i consumatori.
Dalla reputazione alla performance: impatti concreti
Le evidenze di PwC e McKinsey convergono su un punto centrale: la sostenibilità non è più solo una dichiarazione di intenti, ma un fattore che influisce direttamente sui risultati di business. Una reputazione green solida genera fiducia, elemento fondamentale per mantenere una clientela fedele e rafforzare la brand equity.
Ma non solo: la reputazione ambientale diventa anche un potente magnete per i talenti. Le imprese percepite come responsabili e innovative attraggono professionisti motivati e allineati ai valori aziendali, migliorando la qualità del capitale umano e alimentando un circolo virtuoso di innovazione e crescita sostenibile.
Sostenibilità e vantaggio competitivo
Integrare la sostenibilità nella strategia aziendale significa dunque trasformare la reputazione etica in un asset intangibile misurabile, con impatti concreti sul mercato, sui clienti e sui talenti. In questo senso, la sostenibilità diventa non solo un imperativo etico, ma una vera e propria leva competitiva.
Costruire e proteggere una reputazione green significa accumulare valore reale e duraturo, trasformando la sostenibilità da principio morale a leva strategica di crescita, resilienza e riconoscimento sul mercato.
In definitiva, le aziende che investono davvero nella sostenibilità non solo contribuiscono alla salvaguardia del pianeta, ma conquistano anche la fiducia dei consumatori, la lealtà dei clienti e il talento delle persone migliori. È qui che etica e business si incontrano: nella capacità di trasformare la sostenibilità in un motore di futuro.